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Capire la nuova realtà dei nativi digitali: seconda parte

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Picture of Laura Valbonesi

Capire la nuova realtà dei nativi digitali: seconda parte

… Rieccomi!
Se avete letto il mio precedente articolo di blog sui nativi digitali, vi ricorderete che siamo partiti dall’affrontare la questione per i bambini più piccoli, per capire meglio come impostare, fin dall’inizio, una corretta gestione delle tecnologie. Oggi trattiamo invece i ragazzi pre-adolescenti e adolescenti, i quali, come immaginerete, sono già molto più avvezzi all’uso delle nuove tecnologie e hanno sempre (o quasi) lo smartphone o il tablet in mano.

Noi tutti siamo stati adolescenti, ma non in questo periodo di grande e veloce cambiamento. Per alcuni di noi la nostra adolescenza è trascorsa veloce, per altri è stata un periodo tormentato o esaltante per le mille scoperte e avventure, un periodo di luci ed ombre, di successi e grandi insegnamenti. Come adulti, adesso, guardare all’adolescenza dei nostri figli come alla nostra sarebbe un errore: il contesto in cui stanno crescendo è completamente diverso da quello di un tempo. Potevamo avere in comune i cambiamenti fisici, gli entusiasmi, le curiosità, la voglia di sperimentare, gli sbalzi emotivi, il desiderio di ribellione… ma le sollecitazioni e i modelli di riferimento di oggi sono completamente diversi. Siamo tenuti, per questo, a informarci e aggiornarci per essere in grado di poter guidare al meglio i nostri ragazzi, che, citando lo psicologo Erik Erikson, “non sono ancora quello che dovrebbero essere, ma non sono neanche quello che erano”.

L’adolescenza e le tecnologie nel cambiamento

Questa trasformazione avviene su più livelli, e le nuove tecnologie hanno moltissimi effetti su tanti ambiti della loro vita. Cerchiamo di semplificare e capiamo come possono influenzare:

  • Gli schemi cognitivi
  • La percezione del corpo e dello spazio
  • Il modo di percepire ed esprimere le emozioni
  • Le capacità di attenzione

Gli schemi cognitivi

Vi sarà sicuramente capitato di notare che un adolescente è più veloce ed intuitivo nell’utilizzo di nuovi strumenti tecnologici. Spesso non legge neanche il libretto d’istruzioni, che invece noi dobbiamo analizzare e studiare dalla prima all’ultima pagina per poter far funzionare qualcosa.
Loro sanno cosa fare e come farlo, perché l’esperienza interattiva, attraverso l’uso frequente, crea schemi mentali che aiutano il nativo digitale a simulare diverse opzioni o soluzioni, consentendo loro di usare le tecnologie senza pensare. In modo, appunto… intuitivo.

È quello che succede quando si guida la macchina: chi ha la patente da anni riesce a guidare in modo automatico, ad esempio anche ascoltando la musica. Chi sta prendendo la patente, invece, ha necessariamente tutta la sua attenzione sulla guida e sulla strada.
La stessa cosa succede a noi e ai nostri adolescenti, ma in questo caso… siamo noi a dover prendere la patente! Ciò permette ai nostri ragazzi di concentrarsi non tanto sul cosa fare, ma sul come farlo: la loro mente va oltre, e vedono nella tecnologia soluzioni e possibili utilizzi che noi difficilmente vediamo. Quindi, prima di criticarli, osservali e chiedi loro cosa stanno facendo. Magari hanno ragione loro! 😊

La percezione del corpo e dello spazio

Se osserviamo i ragazzi mentre usano le tecnologie, li vediamo completamente immersi in quello che stanno facendo/guardando. Vi sarà capitato di chiamarli e di non ricevere nessuna risposta, oppure un frettoloso “Arrivo!” (e poi no… non arrivano!).
Ecco: in quel momento sta cambiando la loro percezione del corpo e dello spazio.

L’adolescente, con il suo corpo, controlla direttamente o indirettamente la tecnologia: basti pensare al dito sullo smartphone che scrolla inesorabilmente video e post social, oppure al dito sul controller della playstation per “comandare” un avatar di qualche videogioco. In questo ultimo caso, il giocatore non è neanche presente nel suo spazio reale, ma sta vivendo in uno spazio digitale. Il suo essere assorbito altrove può succedere anche quando il ragazzo si trova in pizzeria con gli amici e contemporaneamente chatta con altri, in un altro luogo. Il suo spazio non è più quello fisico in cui si trova, ma è dilatato, è molto più ampio, è offline e online.

Il modo di percepire ed esprimere le emozioni

I nuovi media modificano anche la capacità di percepire ed esprimere emozioni. Il nostro approccio con l’altra persona è mediato dai media, che non ci permettono di attivare quei neuroni a specchio che ci aiutano a capire cosa sta provando e sentendo l’altra persona.
I nativi digitali sono meno in grado di gestire le proprie emozioni e capire quelle degli altri: si sta diffondendo un analfabetismo emozionale. Preferiscono comunicare attraverso uno smartphone piuttosto che faccia a faccia, perché è più facile, si sentono più protetti e sicuri dietro uno schermo e questo può sfociare anche in situazioni più gravi di cyberbullismo.

Nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, oltre il 92% degli Italiani si collega alla rete tutti i giorni, prevalentemente attraverso lo smartphone. Per questo le persone online con cui un nativo digitale è in contatto sono decisamente superiori a quelle fisiche, con cui può relazionarsi di persona.

Con l’avvento dei social network come Facebook, Instagram e così via, le azioni online sono diventate parte integrante della propria identità: nella web identity l’utente si rispecchia e cerca conferme. Le piattaforme web sono diventate un palcoscenico su cui mostrare tanti diversi sé, le proprie opinioni ed emozioni.

“Ciò che non si mostra, non esiste” è la concezione moderna per la quale la condivisione diventa “parte attiva di un mondo virtuale, nel quale si vive e si sperimenta la propria identità.” (G. Lavenia)

Senza i limiti che i luoghi impongono alle interazioni del soggetto e senza la capacità di riconoscere e condividere le emozioni dell’altro diventa molto difficile per i ragazzi di oggi uscire da una logica individualista e riuscire a creare relazioni profonde e durature, così come distinguere tra amici veri e semplici conoscenti.
C’è una diffusa mancanza di consapevolezza e, di conseguenza, di controllo delle emozioni e dei comportamenti associati: la mancanza della consapevolezza per cui si prova una certa emozione e l’incapacità di relazionarsi con le emozioni altrui, che non si riconoscono e non si comprendono.

Il rischio che sta emergendo è la ricerca di vivere emozioni forti, e spesso “oltre”, che non siano le nostre, ma quelle di qualcun altro (il protagonista di un videogioco o un influencer in qualche video, un po’ come la droga “squid” nel film “Strange Days”).
Il pericolo è di quello di non saper discernere ciò che dà solo adrenalina e ciò che invece può diventare insidioso o, peggio ancora, mortale. Ricordiamo i casi di adolescenti morti a causa di challenge a suon di video di TikTok: i nostri ragazzi sono affascinati da situazioni sfidanti, sono tentati a dimostrare il loro valore, vogliono primeggiare per coraggio nel gruppo dei pari ma non hanno ancora quello spirito critico, razionale e consapevole di un adulto, legati allo sviluppo della neo-corteccia nel cervello.

I messaggi arrivano subito alla parte limbica e attivano istantaneamente un’azione-reazione. Questo è davvero paradossale: nonostante la frequenza e la quantità di contatti siano moltissimi con le nuove tecnologie, questa generazione ha il minor numero di amici e i maggiori casi di solitudine, ansia sociale e depressione. Si sente infatti parlare spesso di “hikikomori” (ritiro sociale): adolescenti che si rinchiudono in casa per lunghi periodi, a volte anche anni, senza voler vedere nessuno e avere contatti con il mondo esterno.

Le capacità di attenzione

Il quarto aspetto è l’impatto sulla capacità di attenzione: chi ha imparato a utilizzare le tecnologie in giovane eta giovane età svilupperà una minore capacità di attenzione sostenuta (prolungata, necessaria a svolgere uno specifico compito) rispetto a quella delle generazioni precedenti. Parallelamente, invece, sviluppano un maggiore multitasking, soprattutto tecnologico, anche se questa competenza avrà effetti negativi sulla capacità di attenzione selettiva (necessaria per distinguere elementi importanti da quelli meno rilevanti).

Negli ultimi 15 anni, durante la fruizione di contenuti digitali, l’attenzione media si è ridotta del 50%, da 12 secondi a 8 secondi. Il rischio è la superficialità, l’approssimazione e la riduzione del pensiero critico.
Il web non crea dialogo e confronto ed è una comunicazione a senso unico, mentre ai nostri ragazzi servono domande che li facciano riflettere. Occorre qualcuno che riesca a stimolare la loro creatività e immaginazione, che li incoraggi a pensare con la loro testa, a creare collegamenti tra cose ed eventi. Qualcuno che alimenti quel dialogo, capace di insegnare loro ad esprimersi e ad ascoltare. Perché una cosa è pensare, un’altra è saper pensare!

In diversi studi, infatti, è emerso che i più giovani mostrano capacità superiori alla popolazione adulta limitatamente alla parte più operativa dell’uso del web e sono invece molto carenti nella sua consapevolezza critica (la valutazione delle informazioni, la capacità di prevedere le conseguenze delle pratiche online e di capirne i meccanismi commerciali sottostanti).

Un’ulteriore dimensione di fragilità digitale dei giovani è quella relativa alla gestione della sovrabbondanza comunicativa e di informazione, ovvero la capacità di gestire strategicamente le infinite opzioni comunicative che la rete offre e le infinite informazioni che li bombardano. Spesso, questo ha conseguenze negative sul loro apprendimento, sulla memoria, sulle loro capacità di discernimento tra una notizia vera e una falsa, aumentando in modo incontrollato il tempo trascorso online, tempo che si dilata senza che se ne rendano effettivamente conto.

Adolescenti e dipendenza da tecnologie: 8 comportamenti sospetti

Quello che è certo è che non possiamo pensare a un’adolescenza senza tecnologia né obbligare i nostri ragazzi a farne a meno. Ormai è parte integrante del loro mondo, ma possiamo (e abbiamo il dovere di) guidarli nel modo migliore attraverso questa fase di vita, gestendo al meglio anche questo aspetto.

Senza pensare a casi gravi di nomofobia (“no mobile phone phobia”, la paura di rimanere senza cellulare e di non essere connessi), in cui è il caso di rivolgersi a cliniche specializzate, possiamo analizzare alcuni aspetti del comportamento dei nostri ragazzi ed intervenire tempestivamente:

  1. Utilizzo eccessivo e perdita di tempo: il ragazzo trascorre un tempo sproporzionato online o con dispositivi tecnologici, a discapito di altre attività importanti come la scuola, le attività fisiche, le interazioni sociali faccia a faccia o il riposo. Oppure, usa il cellulare perché è annoiato e non sa come far passare il tempo. L’aspetto ricreativo è sostituito dalla compulsione.
  2. Preoccupazione e ansia costante per la tecnologia: il ragazzo è costantemente preoccupato di avere il cellulare vicino, rispondere immediatamente ai messaggi, controllare costantemente i social media e le notifiche, essere a corto di batteria/giga o non essere raggiungibile. L’idea stessa di trascorrere alcuni giorni senza smartphone o senza connessione diretta può generare nervosismo o irritabilità.
  3. Distrazione: il gesto di guardare costantemente lo smartphone, anche quando si è in gruppo, mentre si conversa o durante una riunione di lavoro.
  4. Declino nelle prestazioni scolastiche o lavorative: la dipendenza dalla tecnologia può influire negativamente sulle prestazioni scolastiche o lavorative.
  5. Invece di parlare, si scrive: l’abitudine di messaggiare, anziché parlare in faccia con effetti deflagranti sulla qualità delle relazioni.
  6. Insonnia o sonno disturbato: le ricerche ormai dimostrano che la luce blu emessa dagli schermi dei dispositivi, tenuti vicino agli occhi, influenza negativamente il sonno. Il sonno ristoratore è fondamentale per ricaricare le energie, costruire la memoria e vivere meglio.
  7. Isolamento sociale: il ragazzo mostra segni di isolamento, evitando attività sociali per trascorrere più tempo online.
  8. Uso alla guida: l’utilizzo in contesti impropri, se non addirittura pericolosi come la guida, è assolutamente da evitare. In Italia, le morti da incidente stradale sono diminuite negli anni grazie alla sensibilizzazione costante e alle norme punitive sulla patente, ma tra queste sono in aumento quelle attribuibili a distrazione causata dall’uso dello smartphone.

Combattere la dipendenza da tecnologie: guida per genitori

La riduzione della dipendenza da tecnologia può richiedere un impegno consapevole e costante, unitamente ad una serie di strategie. Ecco qualche suggerimento che spero possa risultare utile:

  1. Consapevolezza: il primo passo è rendersi conto del problema e riconoscere il bisogno di cambiamento. Fai una riflessione sincera con tuo figlio sul tempo che dedica alla tecnologia e sugli effetti che ha sulla sua vita.
  2. Impostare limiti di tempo: se il tuo ragazzo è già piuttosto grande, questo punto sarà più difficile, ma l’obiettivo resta comunque quello di sensibilizzarlo sul tempo da trascorrere online. Se invece è più piccolo, puoi impostare dei limiti di tempo (sia del cellulare, sia delle singole app) direttamente sul suo cellulare.
  3. Pianificare il tempo libero: trova attività alternative e svaghi che possano sostituire il tempo trascorso online e che possano offrire soddisfazione e gratificazione. Attività all’aperto, sport, letture, hobby, volontariato, uscite con gli amici…
  4. Zona senza tecnologia: crea “zone senza tecnologia” in determinati momenti o luoghi della giornata. Ad esempio, niente dispositivi tecnologici durante i pasti o prima di andare a dormire.
  5. Disintossicazione digitale: suggerisci di dedicare periodicamente del tempo a una “disintossicazione digitale”. Può essere un giorno o un fine settimana in cui si riduce al minimo l’uso della tecnologia per godersi qualche attività offline.
  6. Ridimensionare la presenza sui social media: consiglia a tuo figlio di limitare il tempo trascorso sui social media e di considerare l’eliminazione o la disattivazione temporanea di alcune app. Si possono anche disabilitare le notifiche per ridurre le interruzioni.
  7. Stabilire priorità: identificate le attività più importanti da svolgere, come il lavoro, lo studio e le relazioni personali. Fissate delle priorità e assicuratevi che la tecnologia non interferisca con queste aree cruciali.
  8. Coinvolgere amici e familiari: suggerisci a tuo figlio di parlare con amici, altri familiari o colleghi della necessità di ridurre la dipendenza dalla tecnologia. Potrebbero supportarlo e persino unirsi a lui nell’impegno verso un uso più sano.

La sfida è sicuramente complessa, ma sii paziente con te stesso e con il tuo ragazzo. Cerca un equilibrio che favorisca il benessere complessivo, e soprattutto… rimanete connessi tra di voi!
Se desideri un aiuto, o vuoi semplicemente approfondire l’argomento, contattaci!

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