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Ti amo e ti uccido: ragazzi che uccidono in famiglia

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Da molti anni sentiamo di casi di ragazzi che uccidono i propri genitori, da Pietro Maso nel 1991 a Erika e Omar nel 2001, fino ai più recenti, come quello dei due fidanzati di Avellino che hanno ucciso il padre della ragazza e Riccardo di Paderno che ha sterminato la sua famiglia. Non intendo entrare in dinamiche religiose, morali o legali, ma vorrei cercare di capire cosa può spingere un ragazzo a compiere un atto simile, con tanta crudeltà e lucidità.

Ragazzi che uccidono in famiglia: perché?

“Era un bravo ragazzo”
“Nessuno l’avrebbe mai pensato…”

Ma siamo sicuri che non ci fossero effettivamente già segnali di un profondo disagio nella loro mente e nel loro cuore? È possibile che nessuno non li abbia mai intercettati? Questi ragazzi, spesso, nascondono l’abisso che hanno dentro dietro un paravento di normalità: riescono ad avere vite visibilmente normali anche se “disturbati”, portando con sé ferite probabilmente nate molti anni prima. Uccidere i familiari significa uccidere i loro “fantasmi”, ostacolo alla loro libertà e alla loro realizzazione, un po’ come il protagonista di “Delitto e Castigo”, Raskolnikov, perfettamente cosciente di quello che stava facendo e convinto che fosse la cosa giusta, perché, appunto, si liberava dei suoi “fantasmi”.

La storia ci propone infatti tanti altri casi, da Caino ed Abele a Cleopatra (che si pensa abbia organizzato l’uccisione dei suoi fratelli per avere maggiore potere), o ancora Romolo, che uccise Remo e divenne il primo re di Roma, o anche Giulio Cesare, ucciso da Bruto, che era per lui come un figlio adottivo.

Cosa dice l’esperto

Lo psichiatra Massimo Ammanniti afferma che “la fantasia di sopprimere i genitori, vissuti come ostacolo per la propria libertà, è un pensiero che si annida, a volte, nella mente degli adolescenti. È un tema ricorrente, simbolico, poi scompare, crescendo. Ci sono casi, invece, nei quali, con ferocia inaudita, degli adolescenti scelgono di dare corpo a questo pensiero. C’è una assuefazione alla ferocia, amplificata dai social che hanno fatto cadere la barriera tra vita reale e vita immaginaria. La fantasia della soppressione dei genitori nasce proprio dal senso di limitazione che gli adolescenti provano in quella fase della vita, quando tutte le regole sembrano imposizioni, o dalla rabbia, se si percepiscono inadeguati rispetto alle aspettative e se provano umiliazione.”

Il ruolo della società

La società in cui viviamo non aiuta: è una società violenta, dai videogiochi più diffusi ai testi di numerosissime canzoni di rapper che i nostri ragazzi ascoltano, fino alle corse in macchina a 200km/h (senza alcun rispetto della vita propria e altrui), o alle sfide di TikTok finite in tragedia. Senza pensare, poi, alle guerre in corso e alle notizie che ci bombardano tutti i giorni, con un continuo richiamo alla morte.

È anche una società sola e sfaldata: non ci parliamo più, preferiamo messaggi scritti o vocali, non abbiamo più il piacere di una chiacchierata vis-à-vis… Conosciamo tutti i nostri vicini di casa? Una volta si condivideva la quotidianità e ci si aiutava: vi ricordate quando mancavano la farina o le uova e si andava dalla vicina? Adesso corriamo subito al supermercato!

Riconoscere i segnali: le parole

Senza arrivare necessariamente a casi così estremi e macabri, come possiamo riconoscere i segnali di disagio che i nostri ragazzi ci mandano? Ricordiamoci che si può uccidere anche solo con le parole, senza arrivare a tanta crudeltà!

Le parole sono infatti strumenti potenti che possono influenzare profondamente le vite delle persone. Mentre le armi fisiche possono causare danni immediati e visibili, le parole possono infliggere ferite invisibili, ma altrettanto dolorose e durature. Le parole hanno il potere di costruire o distruggere: possono ispirare, motivare e guarire, ma anche ferire, umiliare e annientare. La capacità delle parole di influenzare le emozioni e i comportamenti delle persone le rende strumenti potenti che devono essere usati con responsabilità e in modo consapevole.

Ragazzi che uccidono in famiglia: come prevenire la tragedia

Cause e campanelli d’allarme

Quali sono, quindi, i fattori di rischio da attenzionare?

  • Isolamento sociale e relazioni superficiali: gli adolescenti di oggi vivono in un mondo sempre più digitalizzato, in cui le relazioni sono spesso superficiali e mediate da uno schermo. La loro solitudine può nascondere un dolore profondo, perché non riescono a esprimere le loro emozioni e le loro fragilità senza essere giudicati.
  • Problemi di salute mentale: disturbi come la depressione, l’ansia e i disturbi della condotta sono comuni tra gli adolescenti. Questi problemi possono essere amplificati da un ambiente familiare stressante o da una mancanza di comunicazione efficace con i genitori, che non aiuta un supporto emotivo e la condivisione delle difficoltà.
  • Influenze negative: una scarsa comunicazione tra genitori e figli o influenze negative da parte di figure vicine ai ragazzi possono sviluppare disturbi emotivi che comportano impulsività, rabbia e frustrazione, sfociando in conflitti verbali e fisici, anche violenti.
  • Bullismo e pressioni sociali: gli adolescenti possono vivere bullismo e pressioni sociali che aumentano il loro senso di isolamento e inadeguatezza, portandoli ad assumere comportamenti irrazionali e contrari, spesso, alla loro indole.
  • Traumi e stress: eventi traumatici come la separazione dei genitori, lutti o malattie croniche possono avere un impatto significativo sulla salute emotiva degli adolescenti.

Supporto e intervento: cosa fare come genitori

  • Comunicazione aperta e ascolto empatico: è fondamentale che i genitori mantengano una comunicazione aperta e sincera con i propri figli, offrendo supporto emotivo e ascolto attivo. L’educazione emotiva non passa attraverso un semplice “come va?”: è qualcosa che si costruisce all’interno del nucleo familiare quotidianamente (anche con fatica), ma permette ai giovani di esprimere ciò che sentono e i propri sentimenti, anche quelli più “pesanti”, in modo trasparente e con la certezza di venire accolti. Guidiamo i nostri ragazzi attraverso un’età che diventa sempre più difficile, quindi, avviciniamoci a loro non solo con l’idea di imporre (“ti dico cosa devi fare e cosa no”) oppure di punire (“ti tolgo il cellulare se…”), ma impariamo ad ascoltarli veramente. Fermo restando che ascoltarli non significa dar loro sempre ragione!
  • Ambienti sani e supportivi: creare e frequentare ambienti sani e supportivi in famiglia, a scuola e nella comunità, può aiutare gli adolescenti a gestire meglio le proprie emozioni e a sviluppare relazioni migliori, nelle quali i ragazzi si sentano accolti.
  • Interventi precoci: identificare e trattare precocemente disagi e disturbi mentali può prevenire l’escalation di comportamenti violenti.

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Laura Valbonesi

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