Che cos’è l’autolesionismo?
L’autolesionismo si verifica quando una persona si auto-infligge un danno attraverso atti violenti come tagliarsi, colpire fortemente una superficie, strapparsi i capelli, bruciarsi con il fuoco, pizzicarsi o grattarsi la pelle così forte da procurarsi delle escoriazioni.
Si tratta di una pratica che colpisce principalmente gli adolescenti e i giovani adulti, e si sviluppa a partire circa dai 12 anni di vita. Statisticamente, le ragazze ne soffrono più dei ragazzi anche se i ragazzi lo manifestano con lesioni più gravi dovute ad azioni più aggressive (dare testate o pugni).
L’autolesionismo non porta automaticamente ad una volontà di suicidio. I motivi per cui si decide di procurarsi un dolore fisico, nella maggior parte dei casi, sono legati ad un disagio e non ad un quadro depressivo aggravato. In alcuni casi, però, in presenza di altri disturbi come il disturbo borderline, patologie alimentari o assunzioni di droghe la situazione potrebbe richiedere un’attenzione maggiore e un intervento più massiccio.
Perché si sviluppa l’autolesionismo in un adolescente?
L’autolesionismo, solitamente, inizia in età adolescenziale: ma come mai?
Questo è il periodo in cui iniziano le grandi sfide della vita: diventare adulti, conquistare l’autonomia dai genitori, affrontare i cambiamenti del corpo e la gogna sociale derivante dal confronto con gli altri, sopravvivere alla pressione scolastica che aumenta, agli ormoni che impazziscono e ai primi amori che, solitamente, deludono. L’elenco di tutte queste sfide farebbe paura anche a un adulto!
La verità è che, alla fine, tutti noi sopravviviamo. Il problema è capire come lo facciamo: alcuni arrivano indenni ai 21 anni, altri invece si portano dietro delle cicatrici emotive e, in questo particolare caso, anche fisiche.
Lo scopo di Younite è proprio questo: guidare genitori e ragazzi in questo percorso adolescenziale complesso, fatto di luce ma anche di tante ombre, in cui è facile smarrire la direzione, ma che, con un po’ di consapevolezza e aiuto, può diventare un bellissimo viaggio di crescita e di successo sia per i genitori che per i ragazzi.
Tornando all’autolesionismo, questa pratica nasce principalmente nei ragazzi che sperimentano:
- Problemi di timidezza molto forte;
- Problemi di autostima e autoaccettazione;
- Bullismo ed emarginazione;
- Situazioni familiari tossiche e/o violente.
Quali sono i motivi che spingono un adolescente a farsi del male?
Davanti a queste situazioni difficili, i ragazzi decidono di farsi del male. Per molti, questa tecnica di fronteggiare le problematiche, in psicologia viene definita “coping”, potrebbe sembrare assurda. In realtà ha una sua logica e permette al ragazzo o alla ragazza di esperire almeno 3 tipi di effetti diversi:
- lenire il dolore psicologico con un dolore fisico;
- affermare il proprio coraggio e valore attraverso un gesto “coraggioso”;
- colmare un vuoto enorme attraverso un atto “eroico” che non tutti sanno e possono fare.
Le ferite autoinflitte diventano, quindi, anche trofei di guerra, una guerra che quel ragazzo o quella ragazza sta combattendo da solo/a e che ha deciso di combattere così, con se stesso/a, chiuso/a nella propria stanza e armato/a di fuoco, taglierino o di una forza distruttiva.
Il dolore dovuto a stati di disagio psico-emotivo è un dolore astratto e meno controllabile rispetto a quello fisico che ci si auto-procura, che è, invece, un dolore reale, concreto e palpabile. Le cicatrici che restano da quell’atto ne sono la prova.
A volte i ragazzi commettono autolesionismo anche per sentirsi parte di qualcosa. La famosa sfida della “cicatrice francese”, spopolata su TikTok nel 2023, lo conferma. Questa sfida consisteva nel pizzicarsi la pelle della guancia fino al punto di procurarsi un livido o un forte arrossamento. Chi ha iniziato questa sfida è sicuramente un adolescente che soffre di problemi di personalità, depressione o che ha subìto traumi, ma non è detto che le centinaia di ragazzi che l’hanno seguita siano altrettanto parte di questo quadro.
Spesso gli adolescenti, soprattutto tra i 12 e i 16 anni, sono curiosi e ingenui, non riescono ancora a comprendere cosa sia sbagliato e cosa no e seguono la massa senza ragionare. Molti ragazzi che hanno partecipato alla sfida, quindi, l’hanno fatto, solo per poter sfoggiare il livido, e magari riconoscersi per strada attraverso questo simbolo. Un simbolo che parla e dice “Hey, ho fatto anche io la sfida della cicatrice francese, sono un/a duro/a!”
Come accorgersi se i propri figli adolescenti sono autolesionisti
Come ci si accorge se il proprio figlio è un autolesionista, o se sta seguendo delle mode sbagliate che potrebbero portarlo a soffrire di autolesionismo?
Beh, viene da sé che la prima cosa da fare è notare le ferite o le cicatrici. I ragazzi spesso tendono a nasconderle portando abiti a maniche lunghe anche quando fa caldo o dimostrandosi particolarmente reticenti nello svestirsi o cambiarsi davanti agli altri.
Altre volte, invece, mostrano le cicatrici per gridare il loro dolore e richiamare l’attenzione del mondo circostante per dire “Sto già soffrendo, smettila di farmi del male”.
Un altro segnale potrebbe essere quello di chiudersi spesso in camera: ovviamente questo capita a tutti gli adolescenti, ma, in questi casi, se il genitore presta più attenzione può notare delle differenze. Differenze tra un ragazzo o una ragazza in linea di massima spensierati, che si chiudono in camera da soli o in compagnia per ballare, truccarsi, chattare con gli amici, o un ragazzo e una ragazza che invece di solito sono persone tristi, timide, sofferenti e non a loro agio nei diversi contesti, come la famiglia, la scuola, gli amici o lo sport.
Molto spesso poi, per capire se il proprio figlio soffre di autolesionismo, è utile unire più indizi tra di loro. I ragazzi o le ragazze che ricorrono all’autolesionismo sono, spesso, persone ipersensibili che manifestano anche problemi alimentari, forte insicurezza, scarsi risultati a scuola, utilizzo di droghe e tendenza all’isolamento.
Cosa fare se scopri che tuo figlio è un autolesionista
La prima cosa da fare è non andare in panico e soprattutto non manifestare questo panico con reazioni spropositate: urlare, arrabbiarsi, sgridare, punire, costringere il figlio o la figlia a fare terapia forzata immediatamente.
Da genitore e coach so che è difficilissimo controllarsi davanti a situazioni del genere, ma è in questi momenti che deve nascere un genitore più forte, che si evolva e assolva con pazienza e dedizione alla missione che è stato chiamato ad affrontare: guidare altri esseri umani in questo non sempre facile percorso che è la vita.
Ricordiamoci che essere genitori significa essere delle guide, siamo stati privilegiati dalla vita e la cosa migliore che possiamo fare è eccellere nel farlo, continuando a informarci e a crescere. Il luogo comune che afferma che si possa fare il genitore seguendo solo il proprio istinto è, purtroppo, una pura diceria. Per fare i genitori, soprattutto di adolescenti, serve formazione e impegno.
Ritornando alle cose da fare, cerchiamo di elencare alcuni step.
- Raccogli indizi e informazioni
Il modo migliore per aiutare tuo figlio autolesionista è mantenere la calma, iniziare a fare attenzione a tanti piccoli grandi indizi per avere un quadro più completo della situazione. Proprio come un investigatore agisce in silenzio e con scaltrezza, il genitore deve raccogliere informazioni. Lo scopo è capire quanto grave sia la situazione e quali siano le possibili cause.
Bisogna uscire dalla frenesia quotidiana che ci porta a essere distratti e iniziare a fare caso a cose che prima si tralasciavano: come sta mio figlio dopo la scuola? Come va con i suoi amici? Che fine ha fatto quel ragazzo o quella ragazza per cui aveva una cotta? A casa si sente bene oppure soffre le discussioni o alcuni miei atteggiamenti? Si sente solo o ha degli amici?
- Chiama uno specialista e lasciati guidare
L’umiltà e la capacità di andare oltre il proprio orgoglio sono qualità richieste per chiunque voglia avere successo in qualsiasi campo. Non bisogna pensare “sono il genitore e so io cosa sia meglio per mio figlio o mia figlia”, oppure “Risolverò da solo questa situazione”, magari in preda ai forti sensi di colpa. Respira, calmati, accetta la realtà e il fatto che non è solo responsabilità tua. Tutti i genitori, compresa me, sono imperfetti e commettono errori quotidianamente. Ciò che distingue un genitore di successo da un altro è il modo in cui decide di riparare a quell’errore. Il modo migliore è munirsi di umiltà e decidere di formarsi e lasciarsi guidare. Chiamare un professionista è sicuramente la mossa più sensata, perché ti permetterà di iniziare a sbrigliare questa matassa con il sostegno morale e professionale di cui hai bisogno.
- Metti in pratica con tuo figlio o tua figlia
Dopo aver raccolto le informazioni e aver discusso del caso con uno specialista, è il momento di entrare in scena e seguire i passi consigliati dallo specialista. In questo momento puoi e devi sicuramente utilizzare anche il tuo istinto come genitore: parlare con tuo figlio o tua figlia ti permetterà di smentire o confermare i pensieri e le ipotesi che avevi postulato rispetto alla situazione. Resta con la mente aperta, accetta tutto, ogni parola feroce o arrabbiata che tuo figlio o tua figlia ti sta dicendo: sono un dono! Non è un attacco a te: è la chiave per arrivare al loro cuore, per risolvere questa situazione e procedere al livello successivo.
In questa fase ci potrebbero essere colpi di scena, potresti scoprire un mondo che non sapevi esistesse, tieni i piedi saldi a terra per essere pronto a non perdere il controllo davanti a novità che non ti aspettavi.
In generale, esistono strade e metodologie specifiche e comprovate che aiutano gli specialisti a risolvere questi casi ma, senza l’aiuto decisivo della famiglia e delle persone attorno al mondo del ragazzo o della ragazza, ogni strategia potrebbe essere vanificata perché la probabilità che si ritorni al punto di partenza è molto alta.
Come prevenire l’autolesionismo
Come abbiamo visto prima, ci sono delle personalità più tendenti a commettere autolesionismo. Si tratta di adolescenti ipersensibili, molto timidi, con problemi alimentari, con disturbi patologici o con situazioni traumatiche passate o presenti: bullismo, emarginazione, violenze.
La difficoltà principale del ragazzo o della ragazza in questione non consiste solo in ciò che gli sta accadendo, ma soprattutto in come sta reagendo. La difficoltà principale è sopportare e gestire le emozioni negative e i pensieri deleteri che si stanno sviluppando nella mente di quell’adolescente.
Un tunnel nero è ciò che vedono, la sofferenza del vivere è ciò che sentono. Non per tutti questa è l’età della spensieratezza: l’adolescenza è una battaglia e noi, come genitori, possiamo dare ai ragazzi altre armi per combatterla, sostituendo taglierino e accendino.
Gli strumenti utili per superare le difficoltà di questa fase sono di diverso genere. L’adolescente deve vivere sicurezza in casa, una vita equilibrata, presenza e dimostrazioni di affetto, supporto e sensazione di essere accettato. Con questi strumenti emotivi il ragazzo potrà superare più facilmente le sfide esterne.
Oltre a ciò, si può dare al ragazzo la possibilità di acquisire autostima, autodeterminazione, efficacia, fiducia in se stessi, senso critico, autoaccettazione, capacità di smaltire la rabbia, capacità di superare le delusioni e capacità di rialzarsi.
Questi sono gli strumenti grazie ai quali i ragazzi saranno in grado di “sentire meno dolore”, per cui non avranno bisogno di ricorrere a metodi estremi e pericolosi come l’autolesionismo.
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Prevenire è sempre meglio che curare, e unendo le forze (di famiglia e Younite) possiamo creare una generazione di ragazzi pronti ad affrontare le sfide e a raggiungere i propri sogni.
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Nan Coosemans