Le Baby Gang: un fenomeno sociale in crescita tra i ragazzi

Baby-Gang
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Negli ultimi anni, il fenomeno delle baby gang ha guadagnato sempre più attenzione, sia da parte dei media sia da parte delle autorità.
Il nome unisce le parole “baby” e “gang”, che deriva da “gangster”: sembra quasi impossibile che due parole tanto lontane nel significato e nell’immaginazione possano essere così vicine nel lessico quotidiano! Sarebbe un po’ come dire che un bambino è un criminale, che una “banda di bambini” può compiere atti che normalmente non sono legati al mondo della fanciullezza o dell’adolescenza. Se ci pensiamo, è davvero difficile da concepire.

Invece, sempre più spesso negli ultimi tempi si sente parlare di baby gang, gruppi di giovani adolescenti che non superano i 18 anni (per questo definite “baby”) che si organizzano in bande per compiere atti criminali. Sono a tutti gli effetti scorribande che compiono gesti anche atroci e feroci, che possono sfociare nel vandalismo, bullismo, piccoli furti fino a reati più gravi come rapine, aggressioni e violenze sessuali.
Ma cosa spinge questi ragazzi a unirsi? Quali sono le conseguenze per loro e per la società? Quali soluzioni possono essere adottate per contrastare questo fenomeno?

L’adolescenza è un periodo cruciale nello sviluppo di un individuo, ed è caratterizzato da numerosi cambiamenti fisici, emotivi e sociali. L’adolescente è mosso da stimoli che provengono principalmente dal gruppo dei pari, dalla famiglia, dalla scuola, dallo status economico e dal mondo virtuale.
Indagare e capire il processo mentale e affettivo che porta alcuni ragazzi a compiere gesti definiti inaccettabili dalla legge e dalla morale è sicuramente più rilevante, in questa sede, rispetto a mettere in atto dimensioni punitive.

Il gruppo dei pari

Durante questa fase, la pulsione e l’importanza del gruppo assumono un ruolo particolarmente rilevante.
Il forte desiderio di appartenere a un gruppo di pari aiuta i nostri ragazzi a crescere e a definire la loro identità confrontandosi con gli altri ragazzi, e il gruppo è un contesto in cui possono esplorare ed affermare chi sono. Possono socializzare sviluppando capacità quali la comunicazione, la negoziazione, la risoluzione dei conflitti, e sperimentano ruoli e comportamenti diversi, confrontandosi con personalità anche molto distanti dalla loro. L’appartenenza al gruppo aiuta l’autostima e il senso di sicurezza e accettazione, in quanto i compagni offrono generalmente un supporto emotivo e comprensione reciproca, condividendo esperienze simili. Capiscono che non sono soli ad affrontare le sfide della loro crescita!

Allo stesso tempo, però, la pressione del gruppo può generare dei comportamenti disfunzionali, spingendo un ragazzo a uniformarsi al gruppo per essere accettato, innescando dinamiche non “ecologiche” che possono portare a situazioni di profondo disagio (non ultimo, il bullismo). Il leader del gruppo influenza ciò che il gruppo pensa e fa.

Il concetto di leadership non si lega necessariamente alla morale di una persona, quindi può degenerare in “leadership malate”, dove l’Io del leader è egocentrico, maniacale, paranoico, isterico e trascina con sé tutto il gruppo. Ciò non vuol dire che la responsabilità di questi atti criminali sia sono ed esclusivamente del leader, ma che la forza del gruppo stia proprio nel fatto che molte azioni non verrebbe compiute da ciascun ragazzo, preso singolarmente, ma vengono compiute solo in gruppo, dove i singoli membri sono trascinati dalla forza e dal sostegno reciproco che si crea.

La famiglia

I genitori dovrebbero capire che la pubertà e l’adolescenza non sono “cambiamenti lineari”, ma delle vere e proprie rivoluzioni all’interno della mente e del corpo di loro figlio: spesso ci si limita a notare i cambiamenti fisici ed esteriori e non quelli veramente significativi che si verificano nella loro mente e che generano desideri e comportamenti completamenti diversi da prima.

È importante che il ragazzo frequenti il gruppo dei pari, ma allo stesso tempo la famiglia deve avere il polso della situazione facendo attenzione ai diversi “campanelli di allarme”: il rendimento scolastico e i cambiamenti notevoli e repentini di comportamento, che possono essere legati, nei casi più gravi, anche ad abuso di droghe.

Conoscere e accogliere gli amici del figlio è il primo passo per capire il suo grado e la sua qualità di integrazione nel gruppo. Inoltre è utile incentivare il racconto della vita del gruppo senza critiche o giudizi, altrimenti si genera una chiusura che non è propedeutica al confronto, alla conoscenza e all’educazione stessa. È poi interessante monitorare quanto nostro figlio sia dipendente dal gruppo e confrontare lo stile di vita del gruppo con quello della famiglia: è da attenzionare il caso in cui è presente una “doppia vita”, in cui il ragazzo non si identifica nel gruppo, ma genera una “falsificazione”. Un vero e proprio processo patologico che porta a comportarsi in modo completamente opposto quando si è in famiglia e quando si è all’interno del gruppo.

L’adolescente è attirato dal fascino del male, dal segreto, dalle bugie, dalla creazione di un mondo in cui vivere parallelo a quello reale (una visione per la famiglia e una per il mondo esterno). Impedire di frequentare gli amici, proporre delle alternative ritenute interessanti (ma che in realtà non lo sono per l’adolescente!) o cercare di tenerlo chiuso in casa certamente non aiuta, anzi… aumenta il distacco tra genitori e figli.

Il ruolo dei genitori è quello di aiutare i ragazzi ad acquisire strategie, strumenti e motivazioni per poter valutare cosa è bene e cosa è male per sé e per la società: di proporre, cioè, un’educazione che sia anche “etica”, impedendo così una “doppia morale”. Dovrebbero evitare di essere troppo imperativi o di dire sempre “no” senza argomentazioni, generando così un clima di scontro e critica. Piuttosto potrebbe lavorare sulla comunicazione, sull’ascolto empatico e sul fornire ai ragazzi gli strumenti giusti per renderli indipendenti ed autonomi in modo sano e maturo.

La scuola

La scuola deve integrarsi con la famiglia nel processo educativo, per insegnare regole e comportamenti necessari per affrontare la vita e le sue sfide, e per poterle superare al meglio. L’elemento “classe” è la prima esperienza di gruppo che, se positiva, è un’occasione straordinaria di crescita e confronto. Talvolta si può rivelare anche negativa: un luogo di conflittualità, bullismo, violenza che diventa uno stimolo contrario e incentiva a trovare, fuori dalla scuola, altri gruppi con cui integrarsi, che spesso non solo non educano, ma conducono a comportamenti criminali.

La famiglia e la scuola dovrebbero essere i pilastri di riferimento per far in modo che si crei un sistema educativo che permetta ai nostri ragazzi di crescere e diventare adulti responsabili, non che generi una contrapposizione tra famiglia-scuola, da un lato, e gruppo dei pari, dall’altro.

Lo status economico

Il denaro, da sempre, è stato percepito come sinonimo di potere e questo ha una forte influenza sugli adolescenti. C’è un confronto costante con gli amici su chi ha l’abbigliamento più costoso, l’abitazione più bella, la macchina più grande… ciascuno desidera possedere ciò che ha l’altro, e i modelli imposti dal mercato amplificato tutto questo indipendentemente dalle disponibilità economiche delle famiglie. A questa età non vengono accettate le differenze economico-sociali, perché provocano diversità e relegano ai margini del gruppo.

La rinuncia è difficile per un adolescente e spesso non è nemmeno educato al risparmio o alla differenza tra desideri e bisogni. Un rapporto disfunzionale con il denaro può comportare conseguenze negative nella vita di un adolescente, primo fra tutti i debiti. In caso di mancanza di soldi, può chiedere soldi agli amici oppure estorcerli o rubare, per poi utilizzarli nei modi più impensati.

Il furto compiuto dal singolo o dal gruppo ha differenze rilevanti, perché nel primo caso c’è la paura di fallire, la vergogna di venire scoperti, una morale che riaffiora e che si cerca di ricacciare giù, nel secondo caso invece si perde la dimensione etica, paura e ansia svaniscono e vengono sostituite dalla dimensione del gioco e della sfida.
È per questo che il controllo dei genitori in questo ambito è fondamentale, valutando insieme richieste e necessità!

Inoltre, nella maggior parte dei casi i membri delle baby gang sono ragazzi in difficoltà economiche che non hanno opportunità educative e/o lavorative, e ciò li spinge a cercare alternative nella criminalità. In contesti dove le prospettive di futuro sono limitate, la vita di strada può apparire come l’unica via d’uscita.
Non si escludono, però, partecipazioni anche di ragazzi benestanti, i cui genitori magari non rispondono alle sempre insistenti richieste di denaro.

Mondo virtuale

I ragazzi trascorrono cinque/sei ore al giorno in media su dispositivi digitali, e più della metà di questo tempo è dedicato ai social network. Certamente, lo smartphone è un buon modo di stare vicino ai propri amici anche quando si è lontani: è un “gruppo virtuale”, ma loro vivono ugualmente la vicinanza e la partecipazione. È tutto molto più veloce ed istantaneo, anche le emozioni e le relazioni. Si è protetti da uno schermo per poter dire quello che si vuole, senza filtri: parole che normalmente non verrebbero dette di persona. In questo modo, il bullismo “virtuale” ha preso sempre più piede e può generare pressioni psicologiche devastanti sui ragazzi più fragili.

Inoltre, attraverso i media (non solo smartphone o tablet), assistiamo sempre di più alla glorificazione della vita criminale: basti pensare ai testi di numerose canzoni di rapper che, ad oggi, vanno per la maggiore. La musica può influenzare negativamente i giovani, spingendoli a emulare comportamenti devianti. La rappresentazione “romantica” delle gang può far sembrare attraente uno stile di vita pericoloso e illegale.

Come affrontare il fenomeno delle Baby Gang

Le attività delle baby gang hanno conseguenze gravi sia per i membri stessi che per la comunità. I giovani coinvolti rischiano di compromettere il loro futuro, finendo spesso in carcere o con precedenti penali che li seguiranno per tutta la vita. Per la comunità, la presenza di baby gang può portare a un aumento della criminalità e a un senso di insicurezza tra i cittadini.

Per questo motivo è importante affrontare il fenomeno delle baby gang con un approccio multidisciplinare che coinvolga famiglie, scuole, servizi sociali e forze dell’ordine:
Intervenire precocemente e prevedere strumenti educativi e sociali volti a prevenire la formazione di baby gang (attività extracurricolari, supporto di coaching...)

Creare percorsi educativi e lavorativi che offrano ai giovani alternative valide (borse di studio, programmi di formazione professionale, iniziative di inserimento lavorativo…)
Offrire supporto alle famiglie in difficoltà per creare un ambiente domestico stabile e sicuro (ad esempio con programmi di educazione genitoriale).

Riconoscere e comprendere gli aspetti evidenziati e i fenomeni complessi del periodo adolescenziale può aiutare a supportare gli adolescenti nel loro percorso di crescita, offrendo loro le risorse e il sostegno necessari per affrontare le sfide e sfruttare le opportunità che questa fase della vita presenta.
Se ti trovi in difficoltà, o vuoi semplicemente approfondire questo tema, contattaci!
Coach Laura Valbonesi

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Laura Valbonesi

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